Approviamo subito le nostre norme contro la violenza sulle donne

Il sentimento dell’indignazione, l’orrore per i dettagli – l’ultima vittima, la signora Elisabetta Molaro, è stata accoltellata mentre dormiva a pochi metri dalle sue bambine – non bastano più per commentare la strage di donne a cui assistiamo con cadenza quasi quotidiana. Sono vicende accomunate da una serie di costanti: denunce senza esito da parte delle vittime, minacce sottovalutate dall’autorità, violenti scarcerati sulla base dell’adesione a percorsi di rieducazione evidentemente inefficaci.

C’è un pacchetto di norme concordato nel dicembre scorso dalle ministre che offre strumenti più incisivi per arginare la violenza, incoraggiare le donne a denunciare e al tempo stesso dare alla magistratura e alle forze dell’ordine la possibilità di fermare gli aggressori prima che feriscano e uccidano. Estende l’uso del braccialetto elettronico e consente al giudice di tenere o mettere in carcere chi lo rifiuta. In caso di gravi indizi di maltrattamento o atti persecutori permette il fermo dei violenti anche fuori dai casi di flagranza. Dispone specifici controlli sui corsi di recupero per evitare che i responsabili di abusi usino la rieducazione come scappatoia dal carcere e dopo un paio di incontri tornino a perseguitare le loro ex.

Sono passati poco più di sei mesi dalla messa a punto di quel disegno di legge e dalla sua presentazione alla stampa, che vide sullo stesso palco le ministre degli Interni, della Giustizia, delle Pari Opportunità, dei Giovani, degli Affari Regionali, della Disabilità, dell’Università e Ricerca, oltreché la sottoscritta. Ricordo che il premier Mario Draghi partecipò all’iniziativa stando in platea, in segno di rispetto e condivisione. In questi sei mesi, secondo il report del Servizio analisi criminale della Polizia aggiornato al 12 giugno, quasi cinquanta donne e ragazze sono state assassinate “in ambito familiare/affettivo”, cioè da ex-partner o ex-mariti. Non so se e quanti di quegli omicidi avrebbero potuto essere evitati: so che è urgente, indifferibile, accelerare l’iter dell’approvazione di quelle misure, attualmente ferme alla fase delle audizioni in Commissione Giustizia del Senato.

Sotto il profilo politico, il pacchetto anti-violenza è sostenuto da autorevoli esponenti di tutti i partiti della maggioranza e dunque, non dovrebbero esserci problemi per una rapida discussione e approvazione. Sotto il profilo dell’interesse pubblico è innegabile l’urgenza di agire, non solo per evitare altri lutti, altri orfani, altri orrori, ma anche per difendere la reputazione dello Stato. Sì, perché ogni volta che leggiamo di una donna che ha denunciato, non è stata protetta a sufficienza, è stata uccisa, non ci confrontiamo solo con un orribile delitto ma anche con una ferita alla credibilità delle istituzioni. Non possiamo più dire alle donne “denunciate chi vi minaccia” e poi lasciarle sole ad affrontare i loro potenziali assassini.

Intervento su La Stampa