L’idea di Enrico Letta della scuola dell’infanzia obbligatoria non solo è in perfetto stile sovietico, ma anche demagogica e fuori dalla realtà.
Sovietica perché oltre il 90% dei bambini italiani fra i 3 e i 6 anni già frequenta l’asilo, mi sembra davvero illiberale obbligare alla frequenza forzata la piccolissima quota che non ci va.
Demagogica perché circa la metà degli asili italiani sono scuole paritarie: l’obbligo imporrebbe ai Comuni di raddoppiare l’offerta pubblica, Letta dove pensa di trovare le risorse?
Il vero vulnus italiano, soprattutto al Sud, è la mancanza di nidi per l’età fino ai tre anni, un enorme ostacolo per le madri che vogliono lavorare. Lo sa Letta che l’offerta di nidi in molti Comuni del Sud non arriva al 15% dei bambini residenti? Lo sa che al Sud oltre il 60% delle madri non è occupata né può esserlo per mancanza di asili?
Torni nella realtà: la sola, colossale operazione in favore dei bambini e delle madri è quella pensata e realizzata con gli investimenti del PNRR e con la definizione dei Livelli Essenziali di Prestazione. Mi sono battuta per questo e oggi ci sono le risorse per portare l’offerta di nidi in ogni singolo Comune italiano a 33 posti ogni 100 bambini entro il 2027: il PNRR paga i “mattoni”, l’ultima legge di bilancio stanzia i fondi per maestre e personale.
Tra obbligo e diritto c’è una grande differenza. Il governo ha promosso il diritto, finanziando la costruzione di asili, scuole, mense e palestre per il tempo pieno. L’obbligo è un’altra cosa, peraltro impraticabile se non hai strutture
Questa è serietà. Questo è vero cambiamento.