Tre condizioni per l’autonomia differenziata

Grazie presidente, ringrazio gli onorevoli interroganti perché mi danno l’opportunità di chiarire il contributo che il Ministero per il Sud e la Coesione territoriale intende dare alla formulazione del disegno di legge di iniziativa governativa sull’Autonomia differenziata.

Questo contributo discende da una visione ben precisa, che potrei riassumere in una celebre frase di Don Milani: non c’è nulla di più ingiusto che fare parti uguali tra disuguali. Ne siamo tutti consapevoli. Siamo tutti determinati a non aggiungere divari a divari e ingiustizie a ingiustizie

Ma entro nel merito. L’obiettivo del disegno di legge, che come lei stesso ha ricordato è una bozza aperta al confronto, è quello di creare una cornice procedurale entro la quale le Regioni dovranno muoversi per richiedere maggiore autonomia, in attuazione della facoltà riconosciuta dalla Costituzione, art. 116, comma terzo.

In questo contesto, a nostro avviso sono tre le questioni imprescindibili: la definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni e la costituzione del Fondo perequativo previsto dall’articolo 119 della Costituzione per le Regioni con minore capacità fiscale; il definitivo abbandono del principio della spesa storica; il pieno coinvolgimento del Parlamento nel processo attuativo.

Provo a spiegare in estrema sintesi. La determinazione dei LEP per i servizi a richiesta individuale nei settori maggiormente rilevanti è naturalmente inutile se non la colleghiamo alla disponibilità delle risorse necessarie a realizzarli.

E’ indispensabile quindi un fondo di natura perequativa che sostenga le aree più svantaggiate. Si tratta di dare piena attuazione al principio di solidarietà nei confronti delle Regioni con minore capacità fiscale, chiaramente indicato dall’art. 119 della Costituzione, a cui fa rinvio lo stesso articolo 116.

Il definitivo superamento del criterio della spesa storica, poi, è il secondo caposaldo di cui tenere conto. La conservazione anche provvisoria di questo criterio rischia di perpetuare o addirittura acuire i divari territoriali. Sono dieci anni che gli italiani attendono la definizione dei fabbisogni standard introdotti dal Decreto Legislativo 68 del 2011. Il percorso dell’autonomia passa per questo adempimento e deve costituire un incentivo – non un freno – alla sua realizzazione.

Infine, credo che le future intese Stato-Regioni, destinate a cambiare l’architettura e l’equilibrio delle competenze e dei poteri in settori che incidono sul destino e sulla qualità della vita di ogni singolo cittadino, abbiano un rilievo tale da rendere indispensabile il sugello parlamentare anche in chiave emendativa, se necessario. Il “prendere o lasciare” non sarebbe un buon viatico né per le Regioni né per il Governo che in futuro dovessero intestarsi gli accordi.

Resto convinta, in conclusione, che il ddl sull’Autonomia Differenziata rappresenti un adempimento doveroso, non più rinviabile, e sono certa che possiamo portarlo a termine, ma realizzando le misure di contrasto ai divari che la Costituzione e le norme prevedono e che finora sono rimaste lettera morta. E’ l’occasione buona per renderle operative e per avviare l’operazione di ricucitura dei diritti e delle opportunità che gli italiani meritano, perché si possono differenziare i poteri assegnati alle regioni ma non i diritti dei cittadini in base ai territori in cui essi risiedono.”

*Il testo è tratta dalla risposta del ministro Mara Carfagna a un’interrogazione parlamentare.